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[Blog Tour] Giovani, carine e bugiarde. Ricercate (Pretty Little Liars series #8) di Sara Shepard TAPPA INCIPIT + ESTARTTI

mercoledì 8 novembre 2017

Ciao a tutte, 
oggi il blog partecipa al blog tour di Giovani, carine e bugiarde. Ricercate ottavo volume della serie "Pretty Little Liars" di Sara Shepard uscito il 2 Novembre grazie alla Newton ComptonOggi io vi farò leggere l'incipit e alcuni estratti. 
Buona Lettura!



GIOVANI, CARINE E BUGIARDE. RICERCATE
Sara Shepard
● ● 
Titolo originale: Wanted
Data di uscita: 02/11/2017
E-book: € 4,99
E-book: € 10,97
Pagine: 279
Serie: #8 Pretty Little Liars 
Casa editrice: Newton Compton
Genere: Young Adult

Hanna, Aria, Spencer ed Emily hanno passato di tutto insieme. Una bravata d’infanzia finita tragicamente male e non uno, ma ben due stalker che conoscono tutti i loro segreti. Senza contare l’assassinio della loro migliore amica, tre anni fa. Adesso le ragazze sono sul punto di trovare le risposte che hanno cercato a lungo, così da archiviare finalmente un orribile capitolo della loro vita. O almeno questo è ciò che sperano. Non tutte le storie, però, hanno un lieto fine. Specialmente quando hanno come protagoniste ragazze che sono tutt’altro che angeli. Emily, Hanna, Aria e Spencer dovranno quindi affrontare un nuovo, terrificante colpo di scena.
INCIPIT

Si dice che una foto valga più di mille parole. Una telecamera di sorveglianza riprende una bella ragazza mora che porta via una manciata di gioielli d’oro, molto vistosi, firmati Tiffany. Lo scatto di un paparazzo cattura la tresca tra una giovane attricetta e un regista sposato. Quelle immagini però non vi possono rivelare che la ragazza mora era un’addetta alle vendite che stava portando quei bracciali al suo capo, o che il regista il mese scorso aveva presentato domanda di divorzio.
E cosa succede con una foto di famiglia? Prendete, per esempio, l’istantanea di una mamma, un papà, una sorella e un fratello che sorridono sul portico anteriore di una lussuosa villa in stile vittoriano. Ora guardate più attentamente. Il sorriso del papà sembra un po’ forzato. La mamma lancia un’occhiata alla sua sinistra verso la casa del vicino – o forse guarda proprio il vicino. Il fratello stringe forte la ringhiera del portico, quasi volesse spaccarla a metà. E il sorriso della sorella è ambiguo, come se nascondesse un piacevole segreto. Il giardino sul retro è per metà invaso da un gigantesco bulldozer giallo che sta smuovendo il terreno, e qualcuno sembra nascosto sullo sfondo, è solo un’immagine confusa, capelli biondi e un incarnato pallido. È un ragazzo… o una ragazza? Potrebbe trattarsi di un gioco di luci o di una ditata.
O forse tutte le cose che vi sono sfuggite a prima vista hanno un significato molto più profondo di quel che potreste mai immaginare.
Quattro ragazze carine di Rosewood credono di avere un quadro preciso di quel che accadde la notte in cui la loro migliore amica scomparve. È stata arrestata unapersona, e il caso è chiuso. Ma se si soffermassero attentamente, ancora una volta, sui loro ricordi, se si concentrassero su particolari marginali e un po’ imprecisi, su quel senso di inquietudine che non riescono a definire del tutto, e sulle persone che hanno proprio sotto al naso, allora forse quel quadro potrebbe cambiare davanti ai loro occhi. Se facessero un bel respiro e guardassero di nuovo, potrebbero restare meravigliate – se non addirittura terrorizzate – da ciò che scoprirebbero.
Dopotutto, la verità supera la fantasia. Specialmente qui, a Rosewood.

Quella sera di giugno c’era foschia e la luna era nascosta. I grilli frinivano nel fitto del bosco, avvolto nel buio, e tutto il quartiere profumava di azalee fresche, di candele alla citronella, e dell’odore del cloro delle piscine. Auto lussuose nuove di zecca erano parcheggiate all’interno di garage a tre posti. Come ogni altra cosa a Rosewood, Pennsylvania, esclusiva e ridente cittadina a una trentina di chilometri da Philadelphia, neppure un filo d’erba era fuori posto, e tutti si trovavano esattamente dove dovevano essere.
Quasi tutti.
Alison DiLaurentis, Spencer Hastings, Aria Montgomery, Emily Fields e Hanna Marin accesero tutte le luci nell’appartamento separato ricavato dal fienile dietro casa di Spencer, e si prepararono per il pigiama party organizzato per celebrare la fine della seconda media. Spencer si affrettò a gettare nel contenitore per la differenziata parecchie bottiglie vuote di Corona. Erano di Melissa, sua sorella, e del fidanzato di lei, Ian Thomas, che qualche istante prima Spencer aveva cacciati dal fienile. Emily e Aria lanciarono in un angolo, una sull’altra, le loro borse LeSportsac di colore giallo e granata nelle quali avevano messo il necessario per la notte. Hanna si buttò di peso sul divano e cominciò a sgranocchiare i popcorn che erano avanzati. Ali chiuse con il chiavistello la porta del fienile e girò la serratura di sicurezza. Nessuna udì il rumore di passi sul prato bagnato di rugiada né notò che il vetro della finestra si appannava all’esterno.
Scatto.
«Allora, ragazze», attaccò Alison, appollaiata sul bracciolo del divano in pelle. «So qual è la cosa perfetta da fare». La finestra non era aperta, ma il vetro era sottile, e le sue parole lo attraversarono e si persero, quasi come un delicato bisbiglio, nella tranquilla serata di giugno. «Ho imparato come si ipnotizzano le persone. Ve lo mostro subito». 
Ci fu un lungo silenzio. Spencer cominciò a giocherellare con la cintura della gonna da hockey su prato. Aria e Hanna, preoccupate, si scambiarono un’occhiata.
«Pleeeze?», disse Ali, congiungendo le mani come se stesse pregando. Lanciò un’occhiata a Emily. «Tu lascerai che ti ipnotizzi, vero?»
«Ehm…», la voce di Emily tremò. «Veramente…».
«Te lo lascerò fare io», si intromise Hanna.
Scatto.
Ronzio.
Anche le altre acconsentirono seppur controvoglia. Come avrebbero potuto non farlo? Ali era la ragazza più popolare della Rosewood Day, la scuola che frequentavano tutte. I ragazzi volevano uscire con lei, le ragazze volevano essere lei, i vari genitori pensavano fosse perfetta, e lei otteneva sempre ciò che voleva. L’anno prima, in occasione della raccolta di beneficenza della Rosewood Day, si era quasi realizzato un sogno quando Ali aveva voluto che Spencer, Aria, Emily e Hanna diventassero la sua cerchia scelta di amicizie. Grazie a lei erano passate dall’essere “nessuno”, persone insignificanti e banali, all’essere “qualcuno”, persone importanti e speciali. Ali le portava alle Pocono Mountains durante il fine settimana, organizzava per loro trattamenti di bellezza e le faceva sedere con lei al tavolo più in vista della caffetteria. Ma le aveva anche obbligate a fare cose che non volevano – tipo “l’affare Jenna”, quel terribile segreto che avevano promesso di mantenere fino alla morte. A volte si sentivano marionette delle quali Ali muoveva i fili.
Negli ultimi tempi, aveva iniziato a ignorare le loro telefonate, usciva con le vecchie amiche di hockey su prato, e a quanto pareva si interessava solo dei segreti e dei difetti di loro quattro. Metteva a disagio Aria per la relazione extraconiugale che il padre aveva con una delle sue studentesse. Tormentava Hanna per la sua smisurata ossessione per gli stuzzichini al formaggio Cheeze-It – e per il girovita che di conseguenza le cresceva a dismisura. Prendeva in giro Emily per l’infatuazione innocente che aveva per lei, e minacciava Spencer di rivelare che aveva baciato il fidanzato di sua sorella. Ciascuna di loro pensava, quindi, che l’amicizia che la legava ad Ali stesse piano piano scomparendo. Nel profondo del loro cuore, si chiesero tutte se dopo quella notte sarebbero state ancora sue amiche.
Scatto.
Ali corse da una parte all’altra della stanza per accendere le candele al profumo di vaniglia con un accendino Zippo, e chiuse le veneziane – solo per scrupolo. Disse alle ragazze di sedersi a gambe incrociate sul tappeto rotondo di corda. Lo fecero, nervose e a disagio. Cosa sarebbe successo se Ali veramente fosse riuscita a ipnotizzarle? Ciascuna di loro nascondeva importanti segreti di cui solo Ali era a conoscenza. Segreti che ognuna voleva tenere per sé senza rivelarli alle altre, men che mai al resto del mondo.
Scatto.
Ronzio.
Ali iniziò a contare lentamente da cento a uno, con voce carezzevole e rassicurante. Nessuna si mosse. Continuò girando per la stanza in punta di piedi, superò l’enorme scrivania di quercia sulla quale era posato il computer, oltrepassò gli scaffali che straripavano di libri e la minuscola cucina. Tutte obbedirono alla sua voce e rimasero immobili come statue. Nessuna guardò, nemmeno una volta, verso la finestra. Né udì gli scatti della vecchia Polaroid, ingombrante e poco maneggevole, mentre catturava le loro immagini sfocate o il ronzio della macchina fotografica ogni volta che sputava una foto a terra. Lo spazio tra le stecche delle veneziane era sufficiente per scattar loro discrete istantanee.
Scatto.
Ronzio.
Ali stava per arrivare al numero uno, quando Spencer scattò in piedi e corse proprio verso la finestra sul retro. «È troppo buio qui dentro», disse Spencer. Con un movimento brusco aprì le tende e le ombre della sera entrarono nella stanza. «Vorrei più luce. Forse la preferirebbero anche le altre».
Alison le guardò. Avevano gli occhi sigillati. Curvò le labbra in uno strano ghigno. «Chiudile», insistette.
Spencer alzò gli occhi al soffitto. «Dio, che scocciatura. Datti una calmata».
Ali lanciò un’occhiata fuori dalla finestra che era restata aperta. Un’espressione impaurita le guizzò sul volto. Aveva visto? Sapeva chi c’era? Sapeva quel che sarebbe successo?
Ma a quel punto si voltò di nuovo verso Spencer stringendo i pugni. «Pensi che io debba darmi una calmata?».
Scatto. Un’altra foto cadde dalla macchina fotografica. L’immagine lentamente si materializzò dal nulla.
Spencer e Ali si fissarono per un lungo istante. Le altre ragazze erano sempre sul tappeto. Hanna ed Emily si muovevano avanti e indietro, come prigioniere di un sogno, ma Aria aveva gli occhi semiaperti. Con lo sguardo fisso su Spencer e Ali, intuì che stavano per mettersi a litigare ma non ebbe la forza di fermarle.
«Esci», le ordinò Spencer, indicando la porta.
«Bene». A passo deciso, Ali si diresse verso il portico, e uscì sbattendo forte la porta alle sue spalle. Rimase lì fuori per un attimo, continuando a fare respiri profondi. Il fruscio delle foglie sugli alberi era quasi un sussurro. La lanterna posta sopra la porta principale illuminava con una luce gialla la metà sinistra del corpo di Ali, sul cui viso era comparso un cipiglio furioso e determinato. Non lanciò un’occhiata impaurita dietro la facciata laterale della casa. Non avvertì la presenza minacciosa che stava in agguato a un passo da lei. Forse perché Ali era preoccupata di continuare a serbare lei stessa un pericoloso segreto. Proprio in quel momento doveva incontrare una persona. E doveva evitarne un’altra.
Dopo un attimo, iniziò a inoltrarsi lungo il sentiero. Qualche istante più tardi, la porta del fienile venne sbattuta di nuovo. Uscì anche Spencer, per raggiungerla dall’altra parte del bosco. I loro sussurri si fecero via via più concitati e furibondi. Stai cercando di portarmi via tutto. Ma non puoi avere anche questo. Lo hai letto nel mio diario, vero? Hai pensato che baciare Ian fosse stato speciale, ma lui mi ha detto che non sapevi neppure come si fa.
Si udì il rumore di scarpe che scivolavano sul prato sdrucciolevole, bagnato. Un urlo. Un colpo tremendo. Poi un ansimare spaventoso. E infine il silenzio.
Aria uscì sul portico e si guardò attorno. «Ali?», gridò, il labbro superiore che tremava.
Nessuna risposta. Un brivido le fece fremere la punta delle dita, come se qualcosa dentro di lei la avvertisse che non era sola.
«Spencer?», urlò di nuovo e, bisognosa di udire un qualche suono, allungò un braccio per toccare lo scacciapensieri le cui campanelle tintinnarono l’una contro l’altra liberando una melodia delicata. Mentre Aria tornava verso il fienile si incontrò con Hanna ed Emily che venivano da lì. «Ho fatto un sogno stranissimo», mormorò Emily, strofinandosi gli occhi. «Ali cadeva in un pozzo molto profondo, e c’erano delle piante gigantesche».
«Anche io ho fatto lo stesso sogno!», gridò Hanna, e si guardarono confuse.
Spencer nel frattempo era tornata sul portico, stranita e disorientata.
«Dov’è Ali?», le chiesero le altre.
«Non lo so», disse Spencer con una voce che sembrava venire da lontano. Si guardò attorno. «Pensavo… non lo so».
In quel momento, le istantanee della Polaroid erano state tirate su da terra e riposte al sicuro dentro una tasca. Ma fu allora che la macchina fotografica fece accidentalmente un altro scatto e il flash illuminò il rivestimento laterale in legno dipinto di rosso. Ne uscì un’altra foto.
Scatto. Ronzio.
Le ragazze fissarono la finestra, paralizzate e impaurite come cervi. C’era forse qualcuno? Ali? O forse era Melissa oppure Ian. Dopotutto, loro due erano appena stati lì.
Rimasero immobili. Passarono due secondi. Cinque. Dieci. Niente altro che silenzio, doveva essersi trattato solo del vento, decisero. O forse del ramo di un albero che aveva graffiato contro il vetro, un suono fastidioso come quando qualcuno graffia con le unghie su una lavagna.
«Credo di voler andare a casa», disse Emily alle sue amiche.
Una dietro l’altra le ragazze uscirono dal fienile – infastidite, a disagio, turbate. Ali le aveva scaricate tutte. Era finita la loro amicizia. Attraversarono il giardino di Spencer, inconsapevoli delle cose terribili che sarebbero accadute di lì a poco. Anche il volto alla finestra era scomparso, aveva seguito Ali lungo il sentiero. L’ingranaggio era stato messo in moto. Ciò che sarebbe successo era già iniziato.
Di lì a qualche ora, Ali sarebbe morta.


ESTRATTI

"Ma se si soffermassero attentamente, ancora una volta, sui loro ricordi, se si concentrassero su particolari marginali e un po’ imprecisi, su quel senso di inquietudine che non riescono a definire del tutto, e sulle persone che hanno proprio sotto al naso, allora forse quel quadro potrebbe cambiare davanti ai loro occhi. Se facessero un bel respiro e guardassero di nuovo, potrebbero restare meravigliate – se non addirittura terrorizzate – da ciò che scoprirebbero.
Dopotutto, la verità supera la fantasia. Specialmente qui, a Rosewood."


"Suppongo di dover ringraziare Courtney per aver tenuto un diario in modo tanto meticoloso. È stato molto d’aiuto sia a me – che a Mona. Ed è tutto servito per arrivare a quest’ultimo momento di gloria. Il sipario sta per alzarsi, stronze, e lo spettacolo sta per iniziare.
Preparatevi a incontrare il Creatore. Non ci manca molto ormai.

Baci!
A (quella vera)"



"Quando Courtney apparve dal corridoio, su quel volto stranamente familiare vi era l’accenno di un sorriso e Spencer sentì le gambe che le diventavano molli come fossero fatte di gelatina. Aria si lasciò sfuggire un gridolino."


"Grazie a lei erano passate dall’essere “nessuno”, persone insignificanti e banali, all’essere “qualcuno”, persone importanti e speciali."


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